la fotografia aerea

Le origini
" poichè il caso volle che fossi io il primo fotografo a esser stato sollevato da un pallone,
a me toccò un primato che,
in condizioni analoghe,
sarebbe potuto appartenere a chiunque altro.
"

Félix Nadar

Questo episodio, narrato da Nadar nell'autobiografia Quando ero fotografo (Abscondita, Milano, 2004), dovrebbe collocarsi nel 1855 e, insieme al brevetto relativo alla fotografia aerostatica richiesto da Nadar ben prima di ottenere un risultato accettabile (ottenuto solo nel 1856), definisce la data di nascita della fotografia aerea. D'altra parte non sappiamo che modello di fotocamera utilizzasse Nadar, eccetto il fatto che fosse per lastre a collodio umido.
" Nadar eleva la fotografia ad altezza d'arte"
Litografia di Honoré Daumier (1808-1879)
Il geniale ed eclettico fotografo aveva intuito che la fotografia aerea sarebbe diventata indispensabile alle operazioni militari e alla cartografia, tuttavia rifiutò per convinzioni politiche di partecipare alla campagna militare in Italia (1859) e le prime applicazioni militari della fotografia aerea si ebbero di lì a poco durante la guerra di secessione americana. Negli anni successivi in tutta l'Europa furono tentate molte soluzioni per riprendere fotografie dall'alto, compresa una macchina fotografica applicabile ai piccioni viaggiatori, mentre nello stesso tempo "a terra" veniva inventata la fotocamera per i rilievi topografici. Nella sostanza, anche se non ancora nella pratica, alla fine dell'800 le applicazioni immaginate da Nadar e i relativi strumenti di ripresa erano già delineati sebbene non sia possibile identificare una macchina fotografica capostipite di tutte le fotocamere aeree.

50 anni dopo
Al volgere del '900 gli eserciti disponevano di osservatori su aerostati per guidare il tiro delle artiglierie e l'aeronautica, sebbene sviluppata fondamentalmente dai privati, fu ampiamente sostenuta dall'interesse dei militari. Era infatti palese il vantaggio che sarebbe derivato dall'osservazione dei movimenti del nemico oltre l'orizzonte visibile. Sembra che la prima foto eseguita da un aereoplano in volo sia stata fatta da Wilbur Wright il 19 aprile 1909 a Centocelle, nel corso di una serie di voli dimostrativi eseguiti fra il 15 e il 26 dello stesso mese. Poichè numerosi passeggeri di alto lignaggio ebbero modo di provare l'ebrezza del volo sul Flyer di Wright è assolutamente credibile che uno di essi decidesse di fissare il ricordo di questa esperienza in uno scatto che, a quanto pare, non è giunto fino a noi. (Sicuramente, nella stessa circostanza, il 24 aprile 1909 fu effettuata quella che con grande probabilità è stata la prima ripresa cinematografica aerea della storia. Questo documento esiste ancora ed è visibile a questo indirizzo.)
D'altra parte, ricordando che il dirigibile era stato inventato nel 1852 è possibile che delle fotografie da un aeromobile fossero già state fatte precedentemente alla dimostrazione di Centocelle. In ogni caso esistono numerosi documenti che attestano delle riprese fotografiche aeree negli anni successivi al 1909, fra i tanti possiamo citare la prima missione di guerra dei dirigibili P.2 e P.3 dell'Esercito Italiano sulla zona di Zamburi (Libia, 5 marzo 1912), per "ricognizione e rilievi fotografici del territorio nemico".
La prima guerra mondiale
Nel corso della prima guerra mondiale la ricognizione aerea diventò determinante per la tattica degli eserciti e gettò le basi per lo sviluppo di nuove tecniche per realizzare le carte topografiche. Infatti la fotografia aerea fu impiegata fin dal 1915, e in un crescendo continuo, passò dalle riprese di singoli obiettivi alla realizzazione di mosaici fotografici che consentivano ai comandi di avere una visione chiara del fronte. In questo modo, graduale e spontaneo, nacque la topografia aerea. La ricognizione fotografica assunse sempre più importanza e alla fine del 1917 l'aviazione austriaca realizzava circa 4.000 fotografie al giorno, aggiornando la vista dell'intero fronte occidentale in media ogni 2 settimane, mentre il numero delle fotocamere in dotazione alla Regia Aereonautica Italiana era cresciuto dalle 22 iniziali del 1915 alle 391 del 1917.
H.M.S. Victory from 200'
(1920 c.a.)
(immagine databile con approssimazione sapendo che la Victory fu ricoverata nel bacino di Portsmouth il 12 gennaio 1922)
Gli anni '20
Terminata la guerra la cartografia fece tesoro delle esperienze maturate nel corso del conflitto e alla fine degli anni '20 era conveniente disegnare le carte topografiche osservando direttamente le fotografie prese dall´aereo. Tutte le potenze coloniali si impegnarono nella realizzazione della cartografia delle rispettive aree di influenza, e questo stimolo indusse lo studio di fotocamere sempre più perfezionate per le riprese verticali, virtualmente esenti da vibrazioni e con grande autonomia di scatti.
Sherman Mills Fairchild
(1896-1971)
Negli anni '20 inizia l'attività della Fairchild Aerial Camera Corporation, l'industria storicamente più impegnata nel settore della fotografia aerea. Fairchild fu un uomo dai molti talenti la cui vita è strettamente legata allo sviluppo dell'aereonautica. Depositario di oltre 30 brevetti, fra i quali il radio compasso, i flaps sulle ali e i freni idraulici per gli aerei, è maggiormente noto per aver inventato nel 1960 la prima cinepresa capace di registrare il sonoro. Il suo impero economico prese il via proprio con una fotocamera aerea progettata nel 1917 e acquistata negli anni '20 dall'aviazione americana, da Canada, Giappone, Argentina, Brasile e Unione Sovietica.
Gli anni '30
Negli anni '20 e '30 la fotografia aerea svolgeva anche compiti celebrativi e di propaganda mentre le ricognizioni ad uso militare furono trascurate fino a quando, con il crescere della tensione internazionale, le potenze europee avviarono reciproche campagne di ripresa di quelli che sarebbero stati i probabili territori nemici. In Inghilterra l'iniziativa venne da Frederick Sidney Cotton, un privato che era stato pilota in servizio nel settore fotografico del Royal Naval Air Service. In seguito Cotton fu arruolato nel servizio informazioni aereo e nel 1939 realizzò l'allestimento di un Lockheed 12A che, volando a circa 7.000 metri, poteva fotografare un'area lunga decine di chilometri e larga 16 realizzando in questo modo molte foto aeree della Germania. Dall'altra parte della Manica il sottotenente Theodore Rowehl della Luftwaffe, già ricognitore aereo durante la prima guerra mondiale, effettuava fotografie aeree grazie a coperture ufficiali che gli davano libero accesso a tutta Europa. Nello stesso periodo il numero di fotografi americani in servizio presso la flotta del Pacifico era passato dalle 2 unità del 1920 a quasi 60 nel 1939.
FLK C 5a
Zeiss Ikon (?)
(1934)
Fotocamera tedesca a lastra con otturatore a tendina sul piano focale ed ottica Zeiss 19 cm f3.5 il cui numero di serie permette di datarla con esattezza. La verniciatura è della II guerra mondiale.
La II Guerra Mondiale
Nel corso del secondo conflitto la ricognizione aerea fu sviluppata in primo luogo dagli inglesi, sulla base dell'impostazione data da Cotton, e poi applicata in modo sistematico dagli americani. Le missioni di ricognizione, che coprivano in modo periodico i principali obiettivi militari e industriali, erano diventate il principale strumento di supporto strategico e le analisi eseguite dagli esperti servivano per pianificare le missioni di bombardamento e rilevare i danni inflitti al nemico.
Valutazione degli effetti di un bombardamento
(1944)
cortesia Massimiliano Crapanzano
(www.crapanzanomilitaria.it)
Si noti che la marina americana attribuiva la stessa importanza sia alle riprese verticali che a quelle oblique. Infatti mentre le prime erano necessarie per costruire le mappe, le seconde permettono di avere un quadro d'insieme, sono più descrittive e spesso più utili per rilevare gli obiettivi. Inoltre la vista obliqua, che corrisponde a quella del pilota in fase di avvicinamento, era di aiuto nella preparazione delle missioni di attacco. Sul fronte opposto i tedeschi continuarono ad usare la fotografia essenzialmente come supporto tattico e non arrivarono all'uso strategico della ricognizione fotografica americana. Anche il formato delle fotocamere era assai diverso, i tedeschi utilizzarono quasi esclusivamente il piccolo ed il medio formato mentre le fotocamere americane erano di grande formato.

I satelliti artificiali
Le prime riprese televisive della Terra dallo spazio furono fatte esattamente a distanza di un secolo dalle foto di Parigi eseguite da Nadar. Il satellite meteorologico TIROS-1 (Television InfraRed Observation Satellite) fu messo in orbita il 1 aprile 1960, circa 3 anni dopo il lancio dello Sputnik. Questa data segna una svolta epocale nella conoscenza della Terra della stessa portata della fotografia aerea poichè in entrambi i casi il nuovo punto di vista ha allargato la capacità di osservazione dell'uomo, prima sul territorio e poi ai mari e ai fenomeni atmosferici. Nei successivi 30 anni l'incremento della definizione delle immagini satellitari e la vigilanza costante di questi osservatori hanno reso obsoleta la ripresa aerea per scopi militari. Il primo utilizzo delle immagini da satellite in uno scenario operativo avvenne durante la guerra in Afganistan (1983) e da allora le fotografie scattate dagli aerei hanno progressivamente perso di importanza fino a giustificare l'abrogazione (D.P.R. 29 settembre 2000, n.367) del regio decreto del 1939 che in Italia restringeva la possibilità di fare riprese aeree a pochissimi enti accreditati.
R88
(anni '50)
Altre applicazioni "aeree"
Nel corso del '900 le macchine fotografiche a bordo degli aerei sono state utilizzate anche per altre applicazioni, oltre alle riprese del suolo.
In primo luogo ricordiamo che la maggior parte delle aviazioni militari era dotata di fotomitragliatrici per l'addestramento degli equipaggi, al tempo in cui i duelli aerei si risolvevano con le armi automatiche. Come suggerito dal loro nome le fotomitragliatrici avevano forma e peso analoghi a quelli dell'arma, se questa era brandeggiata a mano, oppure venivano installate nell'ala, al posto dell'arma, negli aerei da caccia della seconda guerra mondiale.
Poi, negli anni '50 - '60, quando gli aerei vennero dotati di sistemi elettronici analogici, ci furono casi di fotocamere preposte a registrare i segnali degli strumenti di bordo. Ne è un esempio fotocamera R88 che sui bombardieri strategici Vulcan della RAF fotografava il tracciato del radar nelle fasi di avvicinamento e lancio delle bombe sugli obiettivi.

La fotografia aerea è una specializzazione sostanzialmente sconosciuta al di fuori dell'ambiente militare ed è abitualmente trascurata sia nella storia della fotografia che della macchina fotografica. Eppure la varietà di fotocamere progettate specificatamente per quest'uso è molto ampia; si consideri che il libro Airplane Photography (1920) riproduce le immagini di oltre 30 fotocamere, di cui due italiane, Aerial Photography (1928) altre 20, Fotogrammetria (1940) dell'Istituto Geografico Militare parla in varia misura di 19 fotocamere per effettuare rilievi aerei mentre il volume Photography (1944) ad uso degli avieri americani nomina ben 23 modelli in dotazione alla marina nel periodo bellico. Tutto ciò senza contare gli apparati fototopografici per uso terrestre, che di fatto sono gli antesignani delle fotocamere per fotogrammetria aerea. Essi ebbero origine nel 1851, quando il capitano del genio francese Laussedat iniziò a studiare il modo per sostituire le prospettive disegnate a mano con le fotografie; a tal scopo realizzò nel 1858 la prima macchina fotogrammetrica, composta da una fotocamera abbinata ad un cannocchiale collimatore.

In una prima grossolana classificazione delle fotocamere aeree dobbiamo distinguere quelle da uso a mano libera da quelle installate in posizione fissa. Le prime, che vengono definite panoramiche o per uso obliquo, sono probabilmente il modello più antico nato dall'adattamento delle fotocamere terrestri alle esigenze di volo e sono composte da un corpo rigido con due impugnature laterali, come la Hugershoff degli anni '30 illustrata a lato. (****)
Al contrario quelle per aerofotogrammetria, destinate alle riprese verticali, spesso mancano di quasi tutti gli elementi che rendono riconoscibile una macchina fotografica in quanto tale (mirino, pulsante di scatto, comando dei tempi) e la forma e le dimensioni, non più soggette all'ergonomia, sono funzionali alle parti interne. Hanno comandi elettrici remoti e, negli anni '30, talvolta erano azionate dalla rotazione di una piccola elica posta all'esterno dell'aereo. Non di rado anche la presenza dell'obiettivo è di scarso aiuto nell'identificare immediatamente l'oggetto come macchina fotografica dal momento che ce ne possono essere più di uno (9 è il numero massimo che mi è noto, di cui uno centrale e gli altri disposti a corona) per allargare la visione complessiva senza utilizzare obiettivi di focale troppo corta. Un esempio di queste fotocamere è la Santoni, realizzata dall'Officina dell'Istituto Geografico Militare nel 1925 (****), illustrata dal disegno a fianco.

Contrariamente a quanto si possa immaginare alcune fotocamere specializzate per le riprese verticali, e installate in posizione fissa a bordo dell'aereo, furono utilizzate già nel corso della prima guerra mondiale, come testimoniato da una foto d'epoca riprodotta in Storia dell'Aviazione (Fratelli Fabbri Ed., 1973) che mostra un ricognitore americano Curtiss attrezzato con una fotocamera montata all'esterno della fusoliera, di fianco all'osservatore. L'aspetto di questa fotocamera la posticiperebbe di almeno 10 anni, se non fosse per la testimonianza fotografica.
Aero-Press   e   Aero-Technica
Linhof, anni '60
Cortesia New Old Camera - Milano
Una caratteristica delle fotocamere per uso topografico è la presenza di indici impressi sul fotogramma che permettono di individuare il punto principale del quadro. Nelle fotocamere più antiche la suddivisione del quadro era impressa dall'ombra di due sottili fili metallici tesi davanti al piano focale che in seguito furono sostituiti da dei riferimenti sul bordo del fotogramma. Verso il 1950 le fotocamere iniziarono a registrare automaticamente altri dati relativi alla ripresa: data, identificativo del volo, altezza, bussola, ... Queste informazioni agevolavano l'archiviazione e la ricostruzione della mappa, che viene fatta utilizzando 2 immagini successive parzialmente sovrapposte come una coppia stereoscopica. Con questa tecnica, messa a punto fra le due guerre, la coppia stereoscopica veniva osservata su un tavolo di lavoro che permetteva di tracciare la mappa con un pantografo. In Fotogrammetria (****) si trova un'interessante sintesi storica sulle origini di questa disciplina e sulle problematiche connesse: "Con lo sviluppo dell'aeronautica sorse la possibilità di fotografare il terreno dall'alto. L'affinità fra la rappresentazione del terreno ottenuta in un fotogramma preso da una camera con l'asse verticale ed una carta topografica indusse a molteplici esperimenti, intesi ad ottenere la carta da un insieme di fotografie prese da palloni frenati o da aerei semoventi. Il compito era assolto facilmente quando, trattandosi di terreno piano, la proiezione centrale delle prospettive fotografiche non differiva dalla proiezione ortogonale (di Monge) delle carte topografiche. Quando invece in terreni di montagna, o comunque mossi la differenza fra le due proiezioni diveniva sensibile, un unico fotogramma si dimostrò insufficiente a dare la rappresentazione cartografica del terreno."
Nel settembre del 1930 il National Geographic pubblicò le prime fotografie aeree a colori, eseguite da Melville Bell Grosvenor. Le riprese erano state fatte da un dirigibile perchè la bassa sensibilità delle lastre imponeva tempi di scatto incompatibili con la velocità di un aereo in volo. L'autore inoltre metteva in evidenza la necessità di fermare i motori del dirigibile per evitare che le vibrazioni si trasmettessero alla fotocamera durante lo scatto.
Per questi motivi la fotografia aerea a colori fu utilizza solo a distanza di molti anni mentre trovò ben presto applicazione la fotografia all'infrarosso, che aiuta a svelare i camuffamenti del nemico.

Catalina from 300'
(1944)

K-25 Camera
The Folmer Graflex Corporation, 1940 c.a.
Fotocamere americane
della II Guerra Mondiale
La K-20 e la K-25 erano le fotocamere più leggere e maneggevoli in dotazione alla marina durante la II guerra mondiale; erano adatte a scattare rapidamente immagini oblique riprese a bassa quota con aerei veloci e pertanto erano assegnate prevalentemente ai ricognitori. In particolare la K-20 avrebbe dovuto fare parte dell'equipaggiamento di serie di ogni ricognitore ed oggi è il modello più facile da reperire sul mercato dell'usato. La sua versione motorizzata K-25 era decisamente più flessibile e poteva essere attrezzata per l'uso a mano (come in questo caso) o installata in posizione fissa e comandata da remoto.

Strip Camera
1944 (**)
La Strip Camera introdusse per la prima volta il concetto di panoramica nella fotografia aerea. La fotocamera veniva installata in posizione fissa ed il film veniva trascinato durante lo scatto in modo da ottenere un unico fotogramma continuo, senza interruzioni. Il suo uso era alquanto critico perchè la velocità di trascinamento del film doveva essere sincronizzata con il movimento apparente del suolo; solo in questo caso la fotocamera funzionava correttamente. Pertanto l'aereo doveva volavare approssimativamente a 300 miglia/ora a 200 piedi di altezza relativa: in queste condizioni l'esatta velocità di trascinamento del film veniva impostata dall'operatore osservando la velocità apparente del suolo attraverso un mirino speciale.

F-56 con obiettivo da 20"
Fairchild Aerial Camera Co., 1940 c.a. (**)

La F-56 era una fotocamera modulare, sicuramente il modello più versatile (ma ingombrante) in dotazione alla marina. Aveva magazzini intercambiabili, coni anteriori di diverse lunghezze per montare ottiche di diverse focali, poteva essere motorizzata o manuale ed essere attrezzata per le riprese oblique o verticali.
Si noti che, a differenza degli europei, gli americani fotografavano molto spesso a colori; le pellicole utilizzate erano il Kodachrome e il Kodacolor Aero Reversal Film.
Le fotocamere da usare a mano, per uso tattico, sono rimaste in servizio almeno fino alla guerra del Vietnam. Fra queste la Robot, utilizzata dalla Luftwaffe nel corso della seconda guerra mondiale, è forse il modello più piccolo che sia mai stato utilizzato. Costruita per il formato 24x24 mm essa è veramente tascabile in confronto alla controparte americana della stessa epoca. D'altronde la Luftwaffe utilizzava anche le Leica (a partire dal 1942 le forniture militari assorbirono l'interra produzione della fabbrica) che non avevano nessun adattamento particolare ma per quali esisteva un guscio conico che svolgeva le funzioni di impugnatura, protezione e paraluce.
F-24
(1940-45 c.a.)
cortesia Massimiliano Crapanzano
(www.crapanzanomilitaria.it)

Robot "Luftwaffen-Eigentum"
Robot Foto und Electronic
Dusserldorf
(1939-45 c.a.)
cortesia Foto-Herbst, Amtsberg/Dittersdorf

La versione militare della Robot era solitamente attrezzata con una doppia molla di ricarica, che la rende immediatamente riconoscibile. Le ottiche erano un normale (vari modelli) o il Tele-Xenar 7,5cm f 3.8
Le fotocamere installate in posizione fissa, come la F-24 inglese che veniva montata sullo Spitfire, obbligavano il pilota a passare sopra l'obiettivo oppure, come nel caso della F-24 che era posta in orizzontale alle spalle del pilota, ad eseguire una virata intorno al soggetto.


KB-18A
Fairchild Camera & Instruments Co. , anni '60-'80 (*)

KB-18B
Fairchild Camera & Instruments Co. , 1971

La KB-18, nelle versioni A e B, è una fotocamera panoramica ad obiettivo ruotante per pellicola 70 mm perforata. Montata rivolta verso il basso, con il lato lungo del fotogramma orientato nella direzione di volo, rappresenta sul negativo di 9.40 x 2,25" immagini corrispondenti a 180° x 41°. Faceva parte dell'allestimento del pattugliatore marittimo P-3 Orion della US Navy, un aereo che per 40 anni ha avuto un ruolo di primo piano nella Guerra Fredda. L'Orion montava due macchine fotografiche, una KA-74 nella parte anteriore e una KB-18A / B in coda.
La KB-18B rappresenta probabilmente l'apice dell'evoluzione della fotocamera panoramica analogica per riprese aeree. La pellicola viene trascinata durante lo scatto e l'esposizione avviene attraverso una fessura. Nello stesso tempo l'obiettivo, posto dietro ad un prisma in vetro, ruota di 180°. Le due versioni della fotocamera sono sostanzialmente analoghe e differiscono per la disposizione del magazzino portapellicola; il modello A ha una forma più compatta ma sottopone il film ad un percorso più tortuoso.
Nel corso del '900 le fotocamere aeree, soprattutto quelle fisse, hanno subito una costante evoluzione. Probabilmente l'apice è stato raggiunto dai modelli RC20 e RC30 della Wild (poi Leica Geosystem AG). Il modello RC20 (1988) aveva introdotto una funzione innovativa denominata Forward Motion Compensation che compensava il moto apparente del suolo con lo spostamento del piano focale durante la ripresa; l'FMC, insieme alla qualità delle ottiche Leica (che pesano 58 Kg!), garantiva la massima qualità dei risultati. La fotocamera RC30 vera e propria, composta da corpo, obiettivo, supporto giroscopico e cassette porta film, pesava complessivamente circa 150 Kg, realizzava immagini 23x23 cm su film in rullo (largo 9½" e lungo 400, 500 o 700 ft in base allo spessore del supporto) e faceva parte di un sistema basato su GPS che poteva mantenere la rotta dell'aereo e far scattare la fotocamera in modo da garantire l'allineamento e la giusta sovrapposizione dei fotogrammi. Con il nuovo millennio anche la fotografia aerea si trasforma rapidamente e nel corso del 2006 termina la produzione della RC30, sostituita dal modello digitale ADS40. La ADS40 introduce molte innovazioni inaccessibili alla pellicola:
1) l'immagine è registrata contemporaneamente in B&W, RGB e infrarosso grazie a 10 sensori lineari da 12000 pixel; nella sostanza una sola fotocamera realizza il lavoro di 3 fotocamere a pellicola;
2) la copertura fotogrammetrica non è composta da una serie di immagini quadrate ma da una sola strisciata, virtualmente infinita, riducendo così il lavoro di composizione delle singole immagini;
3) i sensori pancromatici sono disposti sul piano focale in modo da registrare lo stesso punto secondo con due angoli di osservazione diversi rispetto alla verticale in modo da ottenere la visione stereoscopica;
4) rispetto alle pellicole infrarosse la ADS40 è in grado di registrare la radiazione infrarossa riflessa dalla vegetazione a quote molto più alte, non è sensibile alle variazioni di temperatura e umidità dell'aria e non soffre le criticità di conservazione, filtratura e sviluppo delle pellicole.
Per concludere vi invito a cercare in Internet la parola "photo" associata a "rocket", "kite" e simili: scoprirete applicazioni fantasiose a cui non avete mai pensato ma che, pur avendo il sapore del gioco, hanno origini antiche e di tutto rispetto. Ad esempio l'Encyclopaedia of Photography (B. E. Jones, Cassel & Company Ltd., 1911) dedicava alla fotografia con gli aquiloni oltre mezza pagina riferendo che il francese A. Batut sia stato il primo a dedicarsi con passione a questo genere fin dal 1887. Il suo aquilone era attrezzato con un trapezio per evitare che il filo ostruisse le riprese e un barometro per registrare l'altezza a cui era stata scattata l'immagine. La fotocamera aveva un temporizzatore per ritardare lo scatto e liberava una striscia di carta dopo averlo eseguito. Da allora le attrezzature diventarono sempre più sofisticate. L'Encyclopaedia riferisce anche che il parigino Gaumont avesse realizzato nel 1899 per Lawrence Rotch del Blue Hill Metereological Observatory del Massachusetts una fotocamera con un ingegnoso meccanismo di ricarica per una macchina a rullo, per evitare di dover riportare a terra l'aquilone dopo ogni scatto.
A chi utilizza un ingegnoso "razzo ad acqua" o un fuoco artificiale per lanciare una fotocamera in aria va tutta la mia simpatia, e non ridete ... sicuramente sarebbe piaciuto anche a Man Ray, che scattò delle immagini al volo utilizzando la sola forza muscolare per lanciare in aria la propria macchina fotografica. In ogni caso questi novelli emuli di Von Braun hanno un padre spirituale di primo piano: Robert H. Goddard, costruttore del primo razzo a propellente liquido lanciato il 16 marzo 1926. Il suo secondo razzo, nel 1929, trasportò un barometro ed una fotocamera. Il valore degli studi di Goddard fu riconosciuto solo dopo la morte (1945) ma dal laboratorio della NASA che gli è intitolato fu gestito il progetto Explorer VI che nel 1959 fornì alla Terra la sua prima immagine ripresa dallo spazio.

Indice

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